Tornano a far discutere le parole di Vincent Cassel, attore francese che, nel corso dell’ultima puntata di Che Tempo Che Fa di Fabio Fazio su Rai 1, ha polemizzato sul doppiaggio italiano: «In Italia non c’è la possibilità di vedere un film senza doppiaggio. Non è un’abitudine, è un problema. Ha a che fare con l’educazione, bisognerebbe imparare. Non è la stessa cosa ascoltare un’altra voce, si può fare ma così si perde qualcosa». Non è la prima volta che Cassel si esprime così. Con toni ben più forti, nel marzo del 2016 aveva definito i doppiatori del nostro paese «una mafia», polemizzando sul doppiaggio di “Un momento di follia”.
Eppure, oggi come allora, Vincent Cassel incappa in una serie di errori che dimostrano come non conosca (o non voglia conoscere) il pubblico che guarda anche i suoi film. Non è vero che in Italia non c’è la possibilità di guardare un film senza doppiaggio: esistono molti servizi che permettono di cambiare lingua, da quelli di streaming come Netflix, passando per le pay tv, fino agli stessi supporti Home Video. Forse l’attore francese si riferiva alle sale cinematografiche, ma anche in questo caso dimostra scarsa conoscenza: i gestori dei cinema hanno costi, da ripianare proprio grazie alle presenze degli spettatori. Senza i film doppiati, piaccia o no, queste sarebbero molto basse. Insomma, anche grazie ai film doppiati e al gran numero di persone che così riescono a fruire di questi prodotti Cassel riesce a firmare contratti milionari.
E qui si passa alla questione “educazione” che, in ogni caso, spetta alle istituzioni. E non solo a quelle italiane: perché Cassel attacca l’Italia ma, proprio grazie all’ultimo report di Netflix pubblicato nei giorni scorsi, scopriamo che 7 francesi su 10 preferiscono i film doppiati. Magari in Francia esisteranno più sale che permettono la visione di film in lingua originale, ma i fatti dimostrano che anche loro scelgono di guardarli nella propria. E non può essere una colpa perché non si può negare a uno spettatore di vedere un film solo perché non conosce una lingua straniera. Sarebbe un cinema elitario.
L’unica cosa giusta Cassel la dice alla fine: non è la stessa cosa ascoltare un film con un’altra voce. È vero. Ma non è certo una grande novità: sono gli stessi doppiatori ad affermarlo. In un’intervista rilasciata proprio dopo le dure parole di Cassel di un anno fa, Roberto Pedicini, che ha prestato la sua voce all’attore francese in diversi film, ha affermato: «Sarebbe bello vedere ogni tanto dei film in lingua originale. Anche io cerco di farlo. Il problema è che dovremmo imparare le lingue più disparate, visto che i film più premiati ai festival sono asiatici o mediorientali. E che i sottotitoli spesso sono più fuorvianti del doppiaggio, per esigenza di sintesi». Simili le parole di Christian Iansante, anche lui doppiatore di Cassel, in un’altra intervista pubblicata proprio sul nostro sito: «I detrattori hanno ragione: il doppiaggio è un tradimento. Ma se secondo loro il doppiaggio dovrebbe essere abolito, allora si prendano la responsabilità imprenditoriale di aprire un loro Multiplex, lo chiamino pure “Il Multiplex del Diritto”, visto che secondo loro è un diritto vedere i film in originale e, quando a fine mese avranno venduto venti biglietti in totale e dovranno pagare le spese e i dipendenti, si renderanno conto di cosa significa. Questa è la realtà, il resto sono solo chiacchiere».
Chiacchiere che trovano il tempo che trovano ma che squalificano il lavoro di tanti professionisti che permettono al cinema di non essere luogo per un ristretto numero di persone, bensì di espressione e diffusione culturale. Soprattutto se dette da attori famosi e apprezzati in tutto il mondo. Forse, un giorno, lo capirà anche Vincent Cassel.