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Il favoloso mondo di Giorgio Borghetti da E.T. a Captain T.

Giorgio Borghetti, doppiatore italiano di grande successo, dall’esordio in  E.T. l’extraterrestre non si è più fermato

diventando la voce di star del cinema internazionale ed intrepretando decine di serie tv italiane e tanto altro.

giorgio borghettiFa parte del cast fisso della serie Un posto al sole.

Borghetti, partiamo dal grande successo che sta riscuotendo ovunque il corto Captain T, come nasce questo lavoro e si aspettava tanti premi?

Captain T è nato dall’idea di Andrea Walts di raccontare una storia che riguardasse il doppiaggio,

un omaggio a quel mestiere che mi hai dato la possibilità di entrare nel fantasmagorico mondo dello spettacolo.

Quando mi ha parlato sono stato subito entusiasta perchè si parla di doppiaggio

ma anche della crisi di un uomo di cinquanta anni non più soddisfatto dal suo mestiere.

Quando si fa un film e si decide di investire nella campagna festivaliera speri sempre di vincere un premio;

ormai siamo arrivati a riceverne più di 20 quindi devo dire che la realtà ha superato anche le più rosee aspettative.

Speriamo di continuare ancora perché i festival più o meno finiscono fra qualche mese quindi Incrociamo le dita

 

Borghetti, stiamo assistendo a un successo della serialità, penso a La casa di Carta, o Squid game, recentemente doppiato in italiano.

Come mai il pubblico si ritrova così tanto nelle serie, in alcuni casi, a scapito dei film?

Le serie televisive hanno sempre fatto parte della storia della cinematografia;

basti pensare a  Robbie Williams che è stato Mork  in Mork e Mindy, una serie che ha accompagnato la storia di tutti noi,

Ron Howard il Ricky Cunningham di Happy Days, che è diventato uno dei più bravi registi che ci sono adesso in circolazione.

Quindi non penso che una serie televisiva possa essere a discapito di un film.

Io ho un’idea del mestiere dell’attore come è come se fosse una torta con tante fette: quella del cinema, quella del teatro, quella della pubblicità.

Ci sono, poi, delle serie che hanno un particolare successo come La casa di papel, o Squid game, così come lo è stato negli anni 80 Beverly Hills 90210.

Le serie hanno sempre caratterizzato la storia della cinematografia ed ancora oggi è così.

 

Quali sono i segreti per diventare un bravo doppiatore?

Allora sfatiamo il fatto che per diventare un bravo doppiatore bisogna avere una bella voce questa qui secondo me è una grande menzogna;

bisogna avere la voce giusta per il personaggio che si deve doppiare perché altrimenti ci sarebbero soltanto voci di primi attori.

Non è vero ci sono voci di caratteristi straordinari, ci sono voci che possono cambiare, bisogna aver la voce giusta per il personaggio che si sta doppiando.

Bisogna essere attori a tutti gli effetti perché con il doppiaggio hai il 70% del tuo corpo, per quanto riguarda la voce, per poter esprimere quelle che sono le tue emozioni, il 30% però ce lo devi mettere.

 

Ci devi mettere lo studio del personaggio che stai facendo,

lo studio della scena che stai doppiando e capire che cosa può succedere dentro di te

per far sì che questa tua voce possa entrare in simbiosi con il personaggio e la scena che stai che stai doppiando.

 

Borghetti, lei che percorso artistico ha fatto?

Io ho iniziato nelle sale di doppiaggio e quindi quella è stata la mia scuola.

A quel tempo il lavoro era molto più rilassato, non c’erano questi tempi forsennati che ci sono adesso, quindi c’era la possibilità di imparare.

Poi al momento in cui ho voluto associare un corpo a questa voce, ho incontrato il mio insegnante, il mio mentore, che si chiama Riccardo de Torrebruna;

lui è quello che ha fatto sì che io potessi, in qualche modo, unire il corpo alla voce e viceversa quindi far sì che quelle parole che venivano fuori dalla mia bocca fossero frutto di  tutto un pensiero che mi che accompagnato.

Dopo l’incontro con lui sono iniziati i primi sceneggiati televisivi Incantesimo, Carabinieri, Rivombrosa,

poi è venuto il teatro, la prosa, il musical ho cantato, ho studiato canto con Silvia Giavarotti, ho studiato con il  maestro Massimo Staiano con Fabio Lazzara.

Come dico sempre ai ragazzi che vengono a studiare con me, anche se non sono  proprio un vero e proprio insegnante,

più che altro sono uno scambiatore di emozioni, chi non si forma, si ferma e quindi io continuo a formarmi sempre.

 

Come è cambiata la vita del doppiatore nel periodo Covid?

La vita dei doppiatori con il covid  è cambiata com’è cambiata la vita di tutti noi.

Il doppiaggio ha anche un po’ anticipato il concetto del covid con questo modo di lavorare ormai in colonna separato come si dice in gergo.

Quando ho iniziato io noi facevamo Holly e Benji che eravamo in sette, otto insieme a doppiare e lo stesso lo si faceva in Cercasi Susan disperatamente oppure ne L’attimo fuggente dove ho fatto quasi tutte le scene con un altro collega.

Poi l’ottimizzazione dei tempi, questa parola che mi fa venire l’orticaria, ci ha dato l’abitudine lavorare da soli.

Bisogna stare più attenti perché comunque quando si sta in sala, si lavora senza mascherina e quindi vengono igienizzate le sale tra un lavoro e l’altro.

 

Ha doppiato tantissime star internazionali, con chi ha sentito più affinità?

Si ho doppiato grandi come Chris O’Donnell,  Ethan Hawke,  Luke Evans,  Patrick Dempsey.

Un ricordo particolare però è legato al doppiaggio di Tom Hardy nel film Legend del 2015.

Lo ricordo perché Tom Hardy interpretava, nello stesso tempo, due fratelli gemelli, uno normale ed uno psicopatico;

è stato interessante riuscire a trovare e a fare due voci completamente diverse l’una dall’altra.

Alla luce di quelli che sono stati i complimenti che mi sono stati fatti, vuol dire che sono uscito a fare un buon lavoro e sono molto soddisfatto.

 

Dal 2019 fa parte del cast di Un Posto al sole che possiamo definire un caso unico nel panorama italiano, come si trova in questo lavoro?

Sono felicissimo di far parte di Un posto al sole perché è la serie più longeva in Italia va avanti da 25 anni, abbiamo festeggiato le nozze d’argento quest’anno.

E’ una meraviglia perché  si gira a  Napoli, città splendida con tantissimi colleghi simpatici, allegri e professionali.

Quindi lunga vita a Un posto al sole. Spero di continuare a dare tanta professionalità, la mia professionalità a questa serie.

Come dico sempre, anche nel  doppiaggio, qualsiasi cosa mi trovo a fare il mio impegno è sempre massimo.

 

Ricorda il suo primo provino importante?

Ricordo non il primo ma quello per E.T. che è il film che mi ha lanciato nel mondo del doppiaggio, ero la voce di Elliot, il protagonista.

Uscì in lacrime dal provino e mio padre si scusò con i responsabili perché non ero stato in grado di fare bene.

In realtà ero in lacrime perché la scena comportava un’emozione e una commozione che diedi al massimo e forse anche per quello ho avuto il ruolo.

 

Quali consigli darebbe ad un giovane che vuole fare il doppiatore?

A un giovane che vuole diventare doppiatore dico studia;

fallo per capire che cosa vuol dire interpretare un personaggio, prepararlo, studiarlo poi ci si può specializzare sul doppiaggio.

“Dire voglio fare il doppiatore” secondo me è un po’ riduttivo.