Giuseppe Ippoliti si è formato all’interno della nostra Accademia e oggi lavora come doppiatore professionista. Ha prestato la sua voce a diversi film e serie tv di successo e qui lo conosciamo meglio partendo dalle sue origini.
D. Com’è nato in te il desiderio di diventare doppiatore?
R. Il desiderio di diventare doppiatore è nato da piccolo. Imitavo le voci dei miei parenti e di tutte quelle voci strane che sentivo alla tv. Solo poi ho scoperto che quelle voci erano quelle dei doppiatori.
D. Racconta l’esperienza con l’Accademia del Doppiaggio e, se ti va, qualche aneddoto.
R. Un’esperienza molto emozionante. Ho conosciuto delle persone umane e con molto cuore. Ricordo il primo provino: c’erano Alba Bucciarelli, Christian Iansante e Roberto Pedicini. E mi guardavano. Per me era il primo provino, non avevo mai provato a leggere nulla. Dopo aver letto un testo, loro hanno iniziato a parlottare tra di loro ed ero sicuro di dover andare via. Invece mi hanno detto che avrei avuto accesso al corso e da qui è iniziato un percorso magico. Sono stato felice di sentire quelle voci diventare umane. Mi hanno guidato e spinto a fare di più. Da quel gesto ho capito che sarebbe iniziato un bellissimo percorso.
D. Raccontaci la tua prima esperienza in sala di doppiaggio.
R. È stata con Lucia Scalera in direzione, era un cartone animato. Interpretavo uno speaker che faceva una telecronaca di una partita e parlava velocissimo. Ero molto agitato, però ricordo che riuscii a fare l’anello alla prima incisione.
D. Quali sono state le prime difficoltà che hai incontrato e come le hai risolte?
R. Le prime difficoltà sono state con me stesso perché non mi sentivo all’altezza di questo mondo affascinante. Le ho risolte studiando, mettendomi sempre alla prova, frequentando corsi di teatro, cercando di fare cose che non volevo fare, le cose di cui avevo paura. Adesso questa paura se prima era grande, ora è un po’ più piccola. Più l’affronto e più mi diverto.
D. Quali sono le differenze nel doppiaggio di un film, di un documentario e di una pubblicità? Come si deve approcciare un doppiatore a questi tre tipi differenti di prodotto?
R. Il film ti coinvolge emotivamente, come per l’attore che doppi. Ti trovi immerso in un’emozione molto forte e dev’essere la stessa che viene rappresentata a schermo. Nel documentario c’è del distacco, anche se a me piacere essere coinvolto anche in quel caso perché c’è un narratore che racconta ciò che avviene. La pubblicità ha una difficoltà a volte maggiore: non c’è lo schermo, non siamo stimolati da un’immagine, ce la dobbiamo immaginare. Però dobbiamo sempre richiamare delle emozioni.
D. Ti sei mai immedesimato fin troppo in un tuo personaggio?
R. Sì, mi immedesimo quasi sempre fin troppo. Forse sbaglio, ma questa cosa mi porta a vivere l’emozione stessa del personaggio e a portarla nella realtà. A volte è un dispendio energetico forte. Però c’è soddisfazione, ne vale la pena.
D. Ti è mai capitato di doppiare, in uno stesso giorno, personaggi molto diversi tra di loro (magari un buono da una parte e un assassino dall’altra)? È difficile o le tue emozioni restano confinate in quel preciso momento?
R. La figata di questo mestiere è che la mattina ti può capitare di doppiare un personaggio innamorato, dopo due ore ti tocca un assassino, nel pomeriggio un pazzo scatenato di un cartone animato. Questo cambio di personalità a volte mi disorienta ma mi fa vivere tante vite. È strano spiegarlo, venite ad assistere. Vi porto io in macchina e giriamo gli studi!
D. Rivedi i film che doppi? Se sì, che emozioni provi quando sei nella sala di un cinema, consapevole che tutti gli altri non sanno di essere seduti vicini alla voce che stanno ascoltando?
R. Quando posso li rivedo. A volte escono al cinema, ma altre sono su piattaforme a cui non sono abbonato. E io non scarico! Quindi non li posso vedere. Quando sono al cinema e so che c’è un mio personaggio, mi piace che le persone non sappiano di essere sedute vicino alla voce del personaggio che stanno vedendo.
D. Qual è il personaggio che ti è più piaciuto interpretare? E quale attrice vorresti doppiare in futuro?
R. Quello che mi è piaciuto di più è Friedkin, della serie Dirk Gently, con la direzione era di Massimo Corizza. Era un pazzo completo. Nelle prime puntate aveva un carattere remissivo, poi diventa un totale folle. È stato bello e divertente doppiarlo. Quello che vorrei doppiare in futuro è un attore che possa insegnarmi tante cose, farmi provare grandi emozioni.
D. Cosa ti piace di più del mondo del doppiaggio e cosa cambieresti?
R. La cosa che mi piace di più è che quando si accende la luce rossa del rec parte la magia. È un’emozione che c’è ogni volta. La cosa che cambiarei, o meglio che rallenterei, sono i tempi di lavorazione.